Il Consiglio di Stato insiste sull’erronea tesi della “seduta dedicata” per approvare il Dup
La tesi della “seduta dedicata” espressa dal Tar Puglia per l’approvazione del Dup risulta tanto meno fondata e corretta, alla luce della debolissima sentenza del Consiglio di Stato, Sezione V, 3 novembre 2023, n. 9551.
Il Consiglio di Stato ha confermato quanto affermato dal giudice di prime cure, è vero: ma l’analisi della decisione di Palazzo Spada conferma a sua volta che l’illegittimità dell’approvazione del Dup in assenza di una “seduta dedicata” sta scritta sull’acqua, semplicemente non ha alcuna base.
La sentenza del Consiglio di Stato richiama preliminarmente l’iter di approvazione del Dup stabilito dal regolamento interno del comune appellante: “secondo il regolamento di contabilità del Comune di Bisceglie, almeno per quanto di interesse in questa sede:
8.2.1. Ai sensi dell’art. 14, comma 5, la Giunta comunale presenta al Consiglio comunale una prima versione del documento unico di programmazione (d’ora in avanti: DUP);
8.2.2. Il Consiglio comunale fornisce “specifici indirizzi e direttive” sul DUP (art. 15, comma 1);
8.2.3. La Giunta comunale, sulla base degli indirizzi e delle direttive consiliari nonché di eventuali norme sopravvenute, predispone la “nota di aggiornamento al DUP” (art. 15, comma 1);
8.2.4. La Giunta comunale presenta al Consiglio comunale il DUP aggiornato unitamente allo “schema di bilancio di previsione” (art. 15, comma 2);
8.2.5. Il Consiglio comunale approva infine DUP e bilancio di previsione. Il DUP va in ogni caso approvato prima del bilancio, anche se nella stessa seduta, dato il suo carattere di indirizzo propedeutico (art. 15, comma 2)”.
Non solo non sta scritto da nessuna parte che il Dup vada approvato in una “seduta dedicata” (a differenza di quanto previsto in sede regolamentare di altro comune pugliese, anch’esso coinvolto in analoghe decisioni del Tar Puglia), ma il regolamento prevede espressamente la possibilità che il Dup sia approvato nella medesima seduta nella quale si approva il bilancio, specificando che però l’esame del Dup e la sua approvazione siano effettuati prima di passare alla deliberazione relativa al bilancio.
Sempre il Consiglio di Stato evidenzia che, oggettivamente, il comune appellante è incorso in evidenti errori procedurali[1] in violazione del suo stesso regolamento, tali da cagionare l’illegittimità della delibera oggetto del contendere.
Ma, gli errori procedurali evidenziati nulla hanno a che vedere con la “seduta dedicata”, espressamente negletta dal regolamento dell’ente, come visto sopra.
Eppure, Palazzo Spada letteralmente si inerpica un’arrampicata sugli specchi particolarmente ardita: “osserva il collegio che, seppure il regolamento di contabilità del Comune di Santeramo preveda formalmente una simile seduta, il regolamento del Comune di Bisceglie contempla in ogni caso tale passaggio (seduta dedicata) almeno indirettamente e sostanzialmente. E ciò dal momento che, se si prevede per un verso che il Consiglio comunale possa imprimere indirizzi e direttive sulla prima versione del DUP occorre allora mettere in conto, per altro verso, che alla stessa assemblea consiliare sia comunque garantita la possibilità di godere di una specifica occasione di confronto e di discussione, dunque di una “specifica seduta”, proprio al fine di elaborare compiutamente un documento di indirizzo e di direzione quali quelli contemplati dal regolamento stesso. In altri termini, è in re ipsa che al Consiglio comunale debba essere riservata una seduta ad hoc onde elaborare e formare, in modo adeguato, simili indirizzi e direttive sulla prima stesura del DUP ed in vista del suo successivo “aggiornamento” da parte della Giunta”.
Il ragionamento esposto è profondamente viziato, per i seguenti motivi:
- Il regolamento del comune, come visto sopra, consente espressamente di approvare il Dup nella medesima seduta nella quale si approva il bilancio, evidentemente quale punto autonomo dell’ordine del giorno;
- Non è, dunque, in alcun modo dimostrabile l’asserzione secondo la quale detto regolamento almeno indirettamente e sostanzialmente richiederebbe la “seduta dedicata”: si tratta di un’interpretazione manifestamente travisata delle chiare disposizioni regolamentari:
- Infatti, la sentenza, per rafforzare l’idea che la “seduta dedicata” sia un obbligo, passa dalla valutazione del regolamento, all’escussione di categorie filosofiche di pensiero, così affermando che detta “seduta dedicata” sarebbe dovuta in quanto “in re ipsa”;
- Tale ragionamento è a sua volta irrimediabilmente viziato: il diritto amministrativo è un diritto “positivo”, nel quale le disposizioni normative sono “poste”, affermate, esplicite e tassative e sono poste ed affermate, ovviamente, dall’organo che Costituzione e leggi ordinarie individuino come dotato della competenza connessa;
- Nel caso di specie, la legge, il d.lgs 267/2000, rimette alla potestà regolamentare degli enti locali la disciplina del funzionamento dei propri organi, che comprende anche gli iter di approvazione delle deliberazioni;
- Pertanto, la valutazione della legittimità di esse non può certo discendere dall’applicazione di categorie di pensiero astratte, come la ricerca di un essenza intima (“in re ipsa”) che imponga una sorta di legge “di natura”; la norma deve essere posta espressamente da una fonte legittimata;
- I giudici hanno la funzione di applicare le leggi; è loro preclusa la creazione di disposizioni e precetti, mediante la funzione di elaborazione delle “norme inespresse”. E a sancire questa preclusione è proprio il Consiglio di Stato, Sezione V, 20 dicembre 2022, sentenza n. 11092: “Si distinguono tre tipi di ragionamento la cui conclusione è una norma inespressa: a) norme inespresse che sono ricavate a partire da norme espresse mediante ragionamenti logicamente validi (ossia deduttivi), in cui non compaiono premesse che non siano norme espresse; b) norme inespresse che sono ricavate a partire da norme espresse secondo schemi di ragionamento non deduttivi, logicamente invalidi (un entimema, l’argomento analogico, l’argomento a contrario in una delle sue varianti); c) norme inespresse che sono derivate o da una congiunzione di norme espresse (o anche, a loro volta, inespresse) e di assunzioni dogmatiche, ovvero direttamente da sole assunzioni dogmatiche. 11.2.2. Le norme inespresse del primo tipo possono essere considerate implicite in senso stretto (cioè in senso logico), e quindi, per così dire, “positive”, sebbene non formulate. Esse sono frutto di attività cognitiva. Le norme inespresse dei tipi rimanenti sono frutto di attività nomopoietiche, creative di norme (nuove). 11.2.3. Il ragionamento del giudice di primo grado non è classificabile in alcuno dei ragionamenti appena descritti, ed è quindi erroneo, poiché si risolve nella genuina creazione di una norma senza disposizione non ricavabile deduttivamente da alcuna norma espressa”. Appare evidente che Palazzo Spada sia incorso, nel richiamare la seduta dedicata come necessaria “in re ipsa”, nell’errore di svolgere quella funzione “nomopoietica”, creativa di una norma non ricavabile deduttivamente da alcuna norma espressa, che ha ritenuto costituire un vizio interpretativo.
- Il consiglio ha la piena opportunità e possibilità di esaminare il Dup, tanto nella sua proposizione iniziale, quanto nella sua nota di aggiornamento, con piena cognizione di causa, anche se nella medesima seduta di approvazione di altre delibere; infatti, l’attività di esame e deliberazione non è contingentabile nei tempi: quel che conta, come prescrive il regolamento comunale richiamato prima, è che il Dup sia approvato (e, quindi, esaminato) prima del bilancio;
- L’interpretazione suggerita da Tar Puglia e Consiglio di Stato è frutto di pura e semplice “nomopoiesi”, che incide sull’autonomia organizzativa e regolamentare degli enti locali e crea un appesantimento procedurale, per altro in violazione delle disposizioni della legge 241/1990
C’è sempre tempo perché la giustizia amministrativa riveda profondamente queste conclusioni. Meglio se tale tempo venga ridotto al minimo: le sentenze fin qui emanate sulla “seduta dedicata” proprio non reggono e non costituiscono certo un viatico per la speditezza e fluidità dell’azione amministrativa, già, in campo contabile, vessata da una normativa paradossalmente bizantina e complicata: non si sente alcuna necessità di infierire con cavilli burocratici.
[1] “8.3.1. Con deliberazione di Giunta comunale n. 16 del 28 gennaio 2019 è stata approvata la prima versione del DUP;
8.3.2. Con deliberazione di Giunta n. 73 del 14 marzo 2019 è stato poi “direttamente” approvato il DUP aggiornato;
8.3.3. Con nota in data 15 marzo 2019, il Segretario Generale dell’ente ha inviato ai singoli consiglieri comunali il suddetto DUP aggiornato, segnalando che sul medesimo avrebbero potuto formulare emendamenti da proporre al Sindaco;
8.3.4. Con deliberazione n. 14 del 29 marzo 2019, il Consiglio comunale ha approvato il DUP (non aggiornato, ossia nella versione in data 28 gennaio 2019);
8.3.5. Infine, con deliberazione n. 29 del 16 aprile 2019 il Consiglio comunale ha approvato la nota di aggiornamento al DUP (quello ossia nella versione già aggiornata del 14 marzo 2019)”.
Come si nota, il comune ha palesemente gestito la procedura in modo difforme dalle previsioni regolamentari.
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